Le novità della manovra di bilancio tra requisiti più rigidi, addii e correttivi al sistema pensionistico
La manovra di bilancio introduce una serie di interventi che rendono leggermente più rigido l’accesso alla pensione, pur senza stravolgere l’impianto complessivo del sistema. Tra le novità più rilevanti c’è l’eliminazione di Opzione Donna, lo strumento che permetteva alle lavoratrici di andare in pensione in anticipo accettando il calcolo dell’assegno interamente con il metodo contributivo. La misura viene quindi archiviata definitivamente, lasciando però salvi i diritti già maturati. Restano invece invariati i meccanismi delle finestre di uscita e le regole sul riscatto della laurea, mentre sono previsti alcuni interventi sul lavoro usurante.
La legge di Bilancio interviene anche sull’adeguamento automatico dei requisiti pensionistici all’aspettativa di vita, rendendolo meno rigido. In luogo dell’aumento di tre mesi previsto inizialmente dal 2027, l’incremento sarà più graduale: un solo mese a partire dal 2027 e tre mesi complessivi solo dal 2028. Di conseguenza, nel 2026 resteranno validi i requisiti attuali, con la pensione di vecchiaia a 67 anni e la pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi, più la finestra mobile di tre mesi (un anno in meno per le donne). Dal 2027 scatterà l’aumento di un mese, che salirà a tre mesi dal 2028.
Per Opzione Donna questi sono gli ultimi giorni utili: dal prossimo anno la misura non sarà più accessibile. Nel tempo, il passaggio totale al sistema contributivo è diventato meno penalizzante rispetto al passato, perché per molte lavoratrici gli anni coperti dal sistema retributivo sono ormai limitati. La misura era riservata a chi aveva almeno 35 anni di contributi, 61 anni di età (con riduzioni in presenza di figli) e si trovava in condizioni di particolare difficoltà, come disoccupazione, assistenza a familiari o invalidità superiore al 74%.
Un’altra novità riguarda la previdenza complementare: non sarà più possibile utilizzare la rendita integrativa per raggiungere l’importo minimo necessario all’accesso anticipato alla pensione nel sistema contributivo. Dal prossimo gennaio, per andare in pensione a 64 anni sarà necessario aver maturato un assegno pari ad almeno tre volte l’assegno sociale, senza poter sommare la pensione principale con quella integrativa.
Infine, la manovra amplia il numero di aziende obbligate a versare all’Inps il Tfr dei dipendenti che non scelgono la previdenza integrativa. L’obbligo scatterà per le imprese con più di 40 dipendenti, e non più solo per quelle oltre i 50, riducendo così la possibilità di trattenere il Tfr in azienda come forma di autofinanziamento. Dal 2033, inoltre, sarà ridotto il fondo destinato all’anticipo pensionistico per i lavoratori impegnati in attività particolarmente usuranti, come quelli addetti alla catena di montaggio o ai turni notturni svolti per lunghi periodi.