Nel 2026 il caffè del mattino potrebbe “pesare” diversamente sul portafoglio dei pensionati: l’aria che tira parla di ritocchi agli importi, tra attese, percentuali e qualche sorpresa. L’obiettivo? Rendere le pensioni più allineate alla vita reale, senza illusioni ma con fatti verificabili.
Quando si parla di pensioni 2026, la prima bussola resta l’adeguamento all’inflazione. Non è un dettaglio tecnico: è il meccanismo che, anno dopo anno, protegge il potere d’acquisto. La regola è nota: il Ministero dell’Economia fissa a novembre il tasso provvisorio di perequazione, l’INPS applica da gennaio e poi arriva il conguaglio. Il riferimento è l’indice FOI (senza tabacchi) dell’ISTAT. Fin qui, terreno solido.
Il quadro di base è l’indicizzazione. Se l’inflazione resterà moderata, l’aumento sarà contenuto ma diffuso. Stime pubbliche recenti indicano un’area intorno al 2% per il 2026, ma non c’è ancora un valore ufficiale: senza decreto MEF, il numero non esiste. Conta anche lo “scalone” di perequazione: negli ultimi anni l’adeguamento è stato pieno per gli assegni fino a circa 4 volte il trattamento minimo, e parziale sopra. Questo schema potrebbe essere confermato o ritoccato in Legge di Bilancio. Ad oggi, nessuna modifica certa è stata approvata. Il fisco pesa sui netti. La riforma IRPEF ha già mosso le aliquote negli scaglioni più bassi; per il 2026 eventuali proroghe o correzioni incideranno sul cedolino. Anche qui, manca una norma definitiva: prudenza.
Pensioni basse e medio-basse. Gli assegni fino a 4x minimo beneficiano al 100% della perequazione. Esempio prudente: con un +2,0% ipotetico, una pensione lorda di 1.000 euro salirebbe di circa 20 euro lordi al mese. Il netto varia in base a detrazioni e addizionali, ma il segno è positivo. Pensioni medio-alte e alte. L’adeguamento, se restano in vigore gli scaglioni recenti, è parziale. Su 3.500 euro lordi, con una perequazione nominale del 2% e un riconoscimento effettivo attorno al 50% (fasce 6–8x minimo), l’aumento reale scenderebbe a circa 0,9%: poco più di 30 euro lordi. Non è una sforbiciata, è la fisiologia del sistema. Minimo, assegno sociale, maggiorazioni. Le prestazioni collegate al trattamento minimo e l’assegno sociale vengono ricalibrate ogni anno sui parametri ISTAT. Se l’inflazione resta sotto controllo, l’incremento sarà modesto ma tangibile. Le soglie precise arriveranno con le circolari INPS. Quattordicesima. Resta legata a reddito e contributi versati. Non risultano oggi cambi strutturali certi per il 2026; eventuali ritocchi dipenderanno dalla manovra.
Due note utili, da tenere sul frigo: I conguagli arrivano: se l’inflazione consuntiva differirà dalla stima, il ricalcolo può essere a credito o a debito. Le addizionali regionali e comunali possono cambiare il netto anche a parità di lordo.
ISTAT, indice FOI ex tabacchi (perequazione): https://www.istat.it
INPS, pagina e circolari sulla perequazione: https://www.inps.it
Decreti MEF su percentuali ufficiali: pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (novembre–dicembre di ogni anno)
Se cerchi il “numero magico” per il 2026, oggi non c’è: nessun valore è ufficiale finché non esce il decreto. Ma la direzione è chiara: più tutela per i trattamenti bassi, adeguamento parziale per quelli alti, attenzione al fisco sul cedolino. La domanda allora diventa personale: quanto vale, per te, qualche euro in più ogni mese se significa poter scegliere una spesa in meno e un’uscita in più? A volte la riforma più vera è quella che senti nel quotidiano.